Ecco una rivisitazione in stile Bukowski del testo, mantenendo l'essenza surreale e grottesca dell'originale, ma con un linguaggio più crudo e diretto:
Il Dodoni è un mostro. Grasso come una vecchia Cinquecento, con occhi da fari spenti e un culo che sembra un rimorchio parcheggiato male.
Fa gelati. Ma non roba normale. Roba che spacca.
Nel suo antro puzzolente infila di tutto: gomma da masticare, colla, medicine schiacciate, avanzi di pranzo. Roba che neanche un cane randagio mangerebbe. Eppure la gente compra. La gente divora.
Il suo gelato è una bomba. Letteralmente. Mangi e sparisci. Niente tracce, niente prove. Sei pulito come un Santo. Un Santo del cazzo.
Niente servizio. Niente gentilezze. Prendi, paga e vattene. Regola d'oro scritta a caratteri gotici sul pettorale dei suoi schiavi: "AL TAVOLO NON TI SERVO". Un teschio che morde un cucchiaio di gelato. Poetry, baby.
I ragazzini? Li droga con tre colpi. Li trasforma in nani felici che fanno startup su internet. Gli adolescenti? Diventano mostri con brufoli che urlano "GELATO!" come pokemon impazziti.
Il suo gelato è una religione. Peggio della coca. Più pericoloso di un colpo di pistola a vuoto.
Dodoni non vende gelati. Vende esperienza. Vende morte e rinascita in una coppetta di plastica.
E tu? Tu mangi. E sorridi.
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